Oh macchina

di Anchille Cevoli e Raffaele Pastore – 1974-1976

Il “sacro sistema dell’ arte” non si tocca; il “grande gioco”  ha regole tutte sue e si gioca negli spazi di un privilegio e di un potere che non sono in questione.

Il giovane verifica, qui come altrove, tutta la distanza che esiste tra la realtà e la chiacchiera   progettante, e la inattuabilità sociale del suo specifico professionale lo sospinge ancora verso forme di presenza che egli  stesso aveva messo in crisi per primo.
Achille Cevoli e Raffaele Pastore hanno percorso tutto questo cammino; ciò che essi ora fanno è fatto in piena coscienza. (Mario Costa, aprile 1974)

 

Achille Cevoli e Raffaele Pastore hanno eseguito proiezioni con diapositive, commentate da violentissime musiche, di una rappresentazione artigianale, ma non priva di vigore,  di una specie di ballata clownesca fra le rovine e i disastri  ecologici della zona orientale di  Napoli. (Ugo Piscopo, Paese Sera, 25 aprile 1978)

Le diapositive hanno significato il momento di maggiore impegno per i due giovani, essi infatti  dichiarano di non riconoscersi più nelle precedenti forme d’arte. (Maria Roccasalva, L’ Unità, 12 aprile 1978)

              

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